Essere una donna disabile in un Paese come l'Italia non è facile. Gli episodi di discriminazione femminile sul posto di lavoro e nella vita quotidiana sono ancora troppi, tanto da farci figurare negli ultimi posti delle classifiche europee in merito alla parità di genere. Se si considerano poi le difficoltà "oggettive" che i disabili sono costretti ad affrontare tutti i giorni, spesso in un clima generale di avvilimento della propria persona, la questione si complica ulteriormente.
Violenza sulle donne
La violenza sulle donne, soprattutto in giovane età, è ancora molto diffusa in tutto il mondo e a volte assume tratti particolarmente preoccupanti, come emerge da una ricerca promossa dall'associazione Terre des Hommes e presentata il mese scorso alla Conferenza Internazionale del Consiglio d'Europa. Il dossier spiega perché l'aggressione, sia verbale che fisica, nei confronti delle giovani debba essere inserita nell'elenco dei crimini contro l'umanità e ribadisce che la lotta contro questo tipo di violenza deve essere prioritaria per tutti gli Stati. Si ribadisce inoltre quanto sia necessario un ampliamento delle varie legislazioni penali nazionali a favore una maggiore tutela delle donne e l'Unione Europea ha l'occasione giocare un ruolo fondamentale nell'ambito dell'armonizzazione delle leggi in questo senso.
Le donne disabili: discriminazione multipla
Le donne disabili sono vittime di discriminazione multipla, la loro relegazione ai margini della società è dovuta in primo luogo dalla disparità di genere, che ancora nel 2013 vede favorito l'uomo, al quale si aggiunge il pregiudizio diffuso secondo cui il corpo di una donna disabile non è né femminile né tantomeno desiderabile. Il risultato di questa "discriminazione nella discriminazione" è il mancato riconoscimento della titolatità dei diritti sia come donne, che come madri che come professioniste. Una delle forme di abuso della quale, per esempio, sono oggetto è il tentativo di dissuasione dal diventare genitore e la mortificazione dei propri istinti sessuali, quasi come se non fosse permesso loro l'accesso alla sfera della sessualità. D'altro canto, paradossalmente un rapporto del Parlamento Europeo denuncia che l'80% delle donne disabili istituzionalizzate sono esposte ad un forte rischio di violenza a sfondo sessuale, esplicita o subdola, che la maggior parte delle volte è perpetrata proprio dalle persone che dovrebbero prendersi cura di loro. In questo modo la denuncia delle aggressioni risulta molto difficile poiché da una parte, le persone affette da disabilità sono totalmente dipendenti dagli aguzzini che appunto coincidono spesso con i loro assistenti, dall'altra l'accesso alla giustizia è faticoso perché si va in contro ad un umiliante iter di accertamento della credibilità e delle capacità di una esatta percezione dell'accaduto.
Cosa deve cambiare
Il problema è così evidente che la Convenzione dell'ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità all'articolo 6 parla esplicitamente di donne e della loro multipla discriminazione, riconoscendole come persone esposte al rischio di maltrattamenti e abusi e raccomandando agli Stati membri di adottare norme specifiche per questi casi (art. 16). Affermazioni importanti e lodevoli, ma non bastano. Quello che è necessario per un vero miglioramento della condizione delle donne disabili, e non solo, parte dal basso attraverso un cambiamento radicale della mentalità comune e l'abbattimento degli stereotipi prodotti dalla società sempre più arrivista e sempre meno umana.