Francesca, giovane estetista professionista, come molte altre donne italiane ha subito forti discriminazioni da parte del suo datore di lavoro nel momento in cui ha annunciato la sua gravidanza. Spontaneamente ci ha contattato e ha deciso di raccontarci la sua storia.
Gentilissimo staff di ModelloCurriculum,
vi scrivo in merito alla mia esperienza purtroppo negativa sul lavoro, legata al mio stato attuale di gravidanza.
Premesso che sono un'estetista qualificata e abilitata, ho frequentato i tre anni di percorso formativo e ho conseguito in seguito a esami regionali i miei attestati, validi su tutto il territorio nazionale e intracomunitario. Circa tre anni fa ho cominciato a lavorare come apprendista estetista (ero alla fine del primo anno di corso) nel centro estetico dove sono tuttora assunta. Sono l'unica dipendente e da subito, dopo un periodo di prova, sono stata assunta regolarmente con un contratto di apprendistato professionalizzante quinquennale (come previsto dalla nostra categoria), anche se per mia ingenuità, non ho mai chiesto di consultare il contratto, avendo firmato solo la lettera di assunzione e la destinazione del TFR (Trattamento di fine rapporto). Contemporaneamente all'impiego full time (40 ore settimanali) ho proseguito gli studi da estetista, per poter conseguire le qualifiche e assicurarmi il diritto di essere riconosciuta come lavorante qualificata.
Primi problemi nell'ambiente di lavoro
Ho iniziato ad avere problemi alla fine del primo anno di contratto: la mia titolare sperava non proseguissi gli studi poiché in presenza di un'abilitazione professionale avrebbe dovuto cambiarmi le mansioni e pagarmi di più, e a lei questa eventualità non andava bene.
Di fatti, frequentando la scuola professionale con orario serale, venivo ostacolata nel terminare ad un orario decente le mie mansioni giornaliere, impedendomi così una regolare frequenza del corso e facendomi confrontare perennemente con ritardi e disagi dal punto di vista didattico.
Sono stata ingenua e superficiale nel non discutere subito con la titolare di questi disguidi, ma ho sempre sperato che tutti i miei sforzi venissero apprezzati.
Mi viene poi successivamente comunicato che terminato l'apprendistato non sarò riconfermata, perché "costo troppo" come lavorante qualificata, ma io penso di avere ancora tre anni a disposizione per trovare di meglio e non mi preoccupo. Devo precisare che il mio "apprendistato" mascherava in realtà mansioni ben diverse e lontane dal progetto formativo che dovrebbe intraprendere un apprendista sul luogo di lavoro...
Venivo spesso e volentieri lasciata sola a gestire il negozio, ogni ponte o vacanza aprivo e chiudevo io l'esercizio lavorando anche undici ore al giorno senza una pausa pranzo (mai concessa) e straordinari mai riconosciuti in busta (forse perché gli apprendisti hanno un massimo di poche ore al mese?) e saltuariamente pagati in nero. Gli straordinari spesso me li faceva recuperare incominciando ore dopo l'orario consueto con dei permessi forzati nell'ultimo anno, forse per dover "pagare" il fatto di essermi sposata e aver usufruito di due settimane di congedo matrimoniale e una di ferie. La situazione stava diventando molto pesante, ero sempre sola tra mille faccende, vessata con bigliettini sull'agenda per la questione pulizie, ho lavorato con le coliche renali in atto e con un braccio ustionato di secondo grado, usufruendo di pochi giorni di mutua non retribuiti.
Francesca rimane incinta
Poi sono rimasta incinta a dicembre 2011 e per le primissime settimane non ho informato la titolare, volendo avere conferma dal ginecologo che il bambino stesse crescendo e fosse ben attaccato, ma quando ancora non sapevo di essere incinta ho avuto un piccolo mancamento a casa, che mi ha impedito di lavorare per una giornata. Purtroppo ho dovuto avvisare all'ultimo la titolare della mia assenza e il giorno dopo ho dovuto subire un discorso molto inappropriato sulla mia "svogliatezza": mi venivano rinfacciati i periodi di mutua da lei concessi, e già mi si chiedeva velatamente di rinunciare a questo impiego.
Alla settima settimana il ginecologo rileva il battito cardiaco dell'embrione ed inizio ad avere degli episodi di iperemesi gravidica, nausee e vomito forti, capogiri e difficoltà a stare in piedi. Fortunatamente in quel periodo ero in ferie (dopo capodanno), ma non sarei comunque stata in grado di rientrare al lavoro. Così chiamo la mia titolare e le spiego la situazione, comunico la gravidanza al primissimo stadio, le mie complicazioni e la mutua per una settimana datami dal medico.
Come risposta ottengo: "Non ho parole, come hai potuto, pensi di tenerlo? Io non posso pagarti per stare a casa, mi faresti solo un favore se ti licenziassi, presentati domani con la lettera di dimissioni volontarie firmata".
Io rimango delusa e basita dalla rezione e spiego che io voglio lavorare, ma ho solo bisogno di far passare questa settimana perché non mangio, vomito in continuo e non mi reggo in piedi! Risposta: "Non farti più vedere, sei stata scorretta, puoi solo licenziarti".
La chiamata mi provoca minacce d'aborto che dureranno una settimana e che prolungano la mia mutua. Il giorno dopo le dico che non mi licenzio perché non ho fatto nulla di male e vengo tempestata da telefonate anonime a cui non rispondo o telefonate del suo compagno, a cui non devo spiegazioni e a cui non voglio rispondere. Spengo il cellulare, ne parlo con i miei familiari e con mio marito: mi sento ingiustamente perseguitata.
Nonostante io abbia comunicato la mutua e il numero protocollo relativo, ricevo tramite raccomandata una lettera di richiamo per assenza ingiustificata, relativa proprio ai giorni di malattia.
Con somma delusione decido che con questa persona comunicherò solo tramite corrispondenza formale, dal momento che ogni mia parola è stata usata e riciclata in altri modi contro di me. Così comincia un percorso da incubo, fatto di continue raccomandate, squilli anonimi, clienti che mi dicono che la titolare in negozio mi diffama nei modi peggiori... Insomma la tanto desiderata gravidanza sta diventando un periodo buio!
Il ginecologo opta per una maternità anticipata, visto il mio stato di salute peggiorato dal fortissimo stress. Perdo più di tre chilogrammi in due settimane, considerando che sono una normopeso di 52 kg al momento del concepimento, è un brutto indice.
Col passare dei mesi ho superato l'ansia e lo stress e mi sto godendo la gravidanza, con qualche accortezza per alcuni disturbi che si fanno sentire.
La titolare non ha più cercato di contattarmi, ha solo continuato a insultarmi anche con mio marito e mio padre, mettendoli in guardia sulla mia cattiveria e malafede, dicendo loro che li pugnalerò tutti alle spalle come ho fatto con lei.
Per dispetto ritarda a oltranza il pagamento dello stipendio, inizialmente dava l'assegno a mia suocera ma ora, a seguito della mia comunicazione dei dati bancari tramite raccomandata, non fa il bonifico e io non so se posso intervenire legalmente per farmi pagare puntualmente....è vero che lavoriamo in due, ma devo poter contare sulle mie entrate, le spese ci sono a prescindere dai suoi dispetti!
Quando mia suocera si ricorda di passare dal negozio le viene dato l'assegno del mese precedente, ma non ha senso questa cosa, visto che io da sola non posso muovermi fino là e non posso mandare ogni volta i miei familiari che lavorano in proprio e non hanno orari!
Ad oggi, al 17 maggio 2012 non ho ancora ricevuto copia del mio contratto di cui sospetto alcune irregolarità nonostante solleciti richieste scritte da tre mesi, non ho ricevuto le competenze di aprile e la consulente del lavoro ostacola la corrispondenza rifiutando le mie comunicazioni e restituendole al postino.
Non ho intrapreso procedure legali contro questa persona, purtroppo mi limito a "subire" evitando altri stress per la vita che porto in grembo... non credo comunque che farò nulla se non stare sempre dalla parte della legalità comunicando i miei certificati di maternità quando li ricevo dall'ispettorato del lavoro, onde evitare altre inutili lettere di richiamo. Per la questione dello stipendio proverò prima "con le buone" inviando solleciti tramite raccomandata.
Alla fine della maternità non credo tornerò a lavorare lì, perché dopo averne passate tante non me la sentirei più di confrontarmi giorno dopo giorno con le mie esigenze di neo mamma e con le angherie della titolare. Fortunatamente un'estetista essendo artigiana ha sempre il mestiere a portata di mano e le soluzioni che mi si presentano sono molteplici. Attualmente sto valutando, verso l'anno di vita della bambina, di trovare un piccolo centro in cui avviare una mia attività di ricostruzione unghie e cura di mani e piedi, dedicarmi al settore che preferisco e sperando di avere successo.
Ringrazio sempre di non aver ceduto alle pressioni della mia titolare quando mi chiedeva di non terminare il percorso formativo, infatti ora posso scegliere se cercare un lavoro alle dipendenze oppure provare il rischio d'impresa anche grazie a quel prezioso "pezzo di carta" che fa la differenza! Non sembra, ma sono tantissime le ragazze mie coetanee che subiscono trattamenti al limite del legale sul lavoro, perché hanno le mani legate dall'assenza di qualifiche professionali e sono vincolate all'apprendistato.
I datori di lavoro sfruttano le ragazze apprendiste
A proposito di apprendistato mi piacerebbe aggiungere che non tutti i datori di lavoro mandano le loro dipendenti a frequentare il corso annuale, peraltro obbligatorio, che è parte integrante dell'esperienza lavorativa di questo contratto di formazione ... proprio perché si svolge necessariamente in una giornata lavorativa (non può essere il lunedì, se è giorno di chiusura) ed è retribuito come tale, pur comportanto l'assenza fisica del dipendente dal luogo di lavoro! Io stessa ho incontrato difficoltà durante la frequenza del corso, mi veniva chiesto di non andare, di fare solo mezza giornata e rientrare in negozio, sminuendo sempre l'importanza di questo tipo di attività.
Bisogna però accettare onori ed oneri della situazione, tanto fa comodo assumere un'estetista abilitata come "apprendista" solo per l'età, non dichiarando le qualifiche nel contratto, per avere sgravi fiscali quanto si deve accettare il rovescio della medaglia e mandare la dipendente ai corsi regionali!
Chiedo scusa per essere stata prolissa, ma volevo raccontare con precisione tutti i fatti relativi a questo "grave crimine" che ho commesso: rimanere incinta.
Francesca