Lidia lavora da sei anni e quattro di questi li ha passati a Barcellona. Quando ha deciso di trasferirsi a Barcellona aveva compiuto da poco 26 anni. Ha vissuto per meno di un anno ad Amsterdam dove ha lavorato un mesetto in un centro di assistenza tecnica per una conosciuta marca di antivirus (quelli per il computer), ma non ha resistito e ha lasciato il lavoro perché era troppo annullante e non le piaceva essere una marionetta. In due settimane ha trovato un lavoro nel dipartimento internazionale di una banca e lì è rimasta fino a quando non ha deciso che era arrivato il momento di dare una svolta.
Dell’esperienza in Olanda dice:
l'Olanda è un Paese ideale per imparare la disciplina sul lavoro. Esempio: se hai 40 minuti di pausa, devi farne 40, né un minuto in meno né un minuto in più, 40 esatti. Molti italiani dovrebbero andare là per un po' di tempo.
Ho lasciato l’Olanda e il lavoro poco prima di arrivare ad un anno di permanenza, era arrivato il momento di cambiare. Sono così approdata a Barcellona e qui mi ritrovo ancora oggi. Sin dal mio arrivo ho iniziato a lavorare nell'ambito della pubblicità, nell'online in concreto. Sono stata assistente di marketing in un'agenzia di viaggi, poi in una multinazionale americana, anche là marketing online. Ho lavorato in due agenzie di design e programmazione web come account executive. E alla fine eccomi con il mio posto attuale.
Perché Barcellona?
Un po' per amore e un po' perché avevo bisogno di cambiare aria.
Prima di trasferirti cosa facevi in Italia?
Prima dell'Olanda vivevo a Roma. In Italia ho lavorato ben poco, cinque mesi forse: quando ho finito gli studi universitari ho lavoricchiato presso l'università in cui avevo studiato. Ho collaborato in un progetto-accordo d’intercambio nell'ufficio di Relazioni internazionali.
Lavoro presso un'agenzia di marketing online , sono responsabile della comunicazione online di una conosciuta marca di moda. Prima o poi però abbandonerò il mondo della pubblicità (e le grandi città), mi trasferiró in un paesino con una casa con vista sul mare, con il mio Teodoro (il mio cane), il mio compagno (se vorrà) e con un'ottima connessione ad internet!
Cosa hai studiato?
Ho studiato nella famigerata facoltà di scienze della comunicazione, vecchio ordinamento. Non so se questo importa, però mi piace sempre puntualizzarlo!
Quali capacità e competenze ti venivano richieste in Spagna quando cercavi lavoro?
Si cercano persone sveglie, risolutive e rapide nel prendere le decisioni, organizzate, abili nell’uso del linguaggio. La conoscenza delle lingue è importante, l’inglese in primis, soprattutto se desideri entrare in una multinazionale. E poi bisogna farsi vedere informato, conoscere l’attualità e stare aggiornato sui temi relativi al settore in cui si lavora o si vorrebbe lavorare. Una laurea o un master non sono fondamentali però ti aiutano.
L’università ti aveva preparato in maniera adeguata per affrontare il mondo del lavoro?
Sinceramente no. In Italia si studia tanta teoria ed in effetti, a livello teorico superiamo chiunque, però la pratica è ben poca. Ricordo che durante l’erasmus, fatto in una università di Madrid, ero impazzita dalla gioia quando avevo scoperto che il corso di Giornalismo di Investigazione prevedeva la creazione di video reportage. L’università ti dava tutti gli strumenti per poterlo fare: video camere, microfoni, luci… voglio dire, non studiavi la storia del giornalismo e punto, facevi giornalismo.
Ci sono molti italiani che lavorano a Barcellona?
Se mi chiedi se ci sono molti italiani, non posso che dirti di sì, siamo un sacco e siamo ovunque! Non vorrei dirti una tonteria però mi sembra di ricordare che in questo momento la comunità italiana è la più numerosa qui a Barcellona, abbiamo superato gli equatoriani!
Se poi tutti questi italiani lavorano, no lo so. Ognuno avrà avuto i suoi motivi per andare via dall'Italia, molti lo avranno fatto per lavoro, altri per studio o per imparare un'altra lingua, per crescere, conoscersi e diventare una persona migliore, per vivere in un Paese dove non importa di chi sei figlio o chi conosci per avere un lavoro decente. Insomma ognuno avrà avuto le sue buone ragioni.
Ricevi una paga che ti permette di essere autosufficiente e di vivere bene?
Certo, ho il mio salario mensile con il quale sono totalmente autosufficiente... lavorare gratis non è lavorare, è essere sfruttati.
In Italia avresti la possibilità di fare lo stesso lavoro e con lo stesso salario?
Non ne sono pienamente sicura, forse per avere l'incarico che ho ora dovrei aspettare qualche anno in più là. I giovani con un posto più o meno importante sono pochi nel nostro Paese, se poi sono pure donne a voler accedere a posizioni dirigenziali che te lo dico a fare!
Quali sono sul piano lavorativo le differenze sostanziali tra il mercato italiano e quello spagnolo?
Ci sono tre differenze importanti secondo me:
1) in Spagna gli stage sono retribuiti, si fa esperienza e si impara. Si lavora ecco.
2) non importa avere delle buone conoscenze per trovare un lavoro degno, se sei bravo, ti impegni e ci credi sul serio, ce la fai senza la spintarella. La meritocrazia esiste.
3) le donne vengono rispettate e poste sullo stesso piano degli uomini. Non è necessario far vedere le tette per crescere professionalmente.
Diciamo che queste sono le differenze che danno all’occhio d’immediato, sicuramente se ne possono elencare altre trecento.
Una donna in Spagna ha le stesse opportunità che avrebbe in Italia?
Ripeto quello che ho già detto, tra un uomo e una donna non c’è differenza in Spagna. Neppure sul piano salariale.
Forse vado un po’ fuori tema però vorrei aprire una parentesi perché è interessante saperlo.
Apri pure.
Su Tele5, tv spagnola regina del trash, dell’ignoranza, della volgarità, dell’insulsaggine, ecc. ecc. la donna inizia a diventare un oggetto. Iniziano a vedersi sempre più spesso culi all’aria, scollature con tette che per “casualità” rimbalzano fuori, porcate varie… in tutto ciò il virus del trash sta dilagando anche sull’altro canale che Tele5 ha comprato qualche mese fa, la Cuatro. Hai presente i nostri Canale5 e Rete4 e i loro programmi di merda, bè su Tele5 e la Cuatro trovi la loro versione spagnola anche se è più soft della nostra (in termini di decenza, decoro e rispetto dell’intelligenza umana). Che casualità che il proprietario di queste quattro reti sia lo stesso, no? Stiamo esportando una cultura malata all’estero.
La parentesi era per puntualizzare che la mercificazione della donna nella televisione italiana (e ora in quella spagnola) e il trattamento diverso sul piano lavorativo è responsabilità della stessa persona che è proprietario di queste reti in Spagna e in Italia e presidente del Consiglio in Italia?
Non gli bastava aver rovinato un Paese, ha voluto oltrepassare la frontiera per cercare di inquinare le menti anche in Spagna. Spero che riscuota lo stesso successo de Tele Cinq in Francia… quando ci provò là, in brevissimo tempo dovette chiudere perché la risposta del popolo francese non fu esattamente quella che si aspettava.
Non è più grave che l'Italia stia esportando assieme alla "cultura malata" una quantità enorme di giovani risorse che non faranno ritorno?
È gravissimo che ci sia una fuga di cervelli tremenda però è altrettando grave che il Paese non faccia assolutamente nulla affinché questa situazione cambi. Facciamo l’esempio dei ricercatori universitari, se ne devono andare all’estero per forza perché in Italia non ci sono finanziamenti per la ricerca e non ci sono strutture. E quello che percepisce da noi un ricercatore è una misera. All’estero non è così.
Ti sei mai sentita discriminata come lavoratrice in Italia o in Spagna?
Personalmente no, in nessuno dei due Paesi. Ripeto però che in Italia ho lavorato ben poco.
Quante difficoltà hai dovuto superare come italiana all’estero?
Le difficoltà più grandi sono sempre state quelle di trovare casa e trovare un lavoro. Sono sempre partita senza nessun tipo di progetto in concreto, all’avventura diciamo, quindi una volta arrivata, mi sono dovuta arrangiare, rimboccare le maniche. Certo qua in Spagna è stato più facile che in altri luoghi perché il mio compagno è spagnolo… ho giocato con un po’di vantaggio!
Cosa serve dal punto di vista burocratico per lavorare in Spagna?
Devi per prima cosa fare il NIE e richiedere il numero della Seguridad Social. Il primo sarebbe una specie di codice fiscale per stranieri (Número de Identidad de Extranjero), il secondo è la copertura sanitaria, se vuoi un lavoro devi averlo per forza. Poi c’è anche l’ "Empadronamiento" e cioè il registro all’anagrafe minucipale che serve per l’assistenza sanitaria e per richiedere il rimborso delle tasse (quest’ultimo è importantissimo!).
Conosci molti raccomandati in Italia?
No, però conosco molte persone disperate perché non trovano lavoro, o perché quello che hanno è tremendamente mal pagato o addirittura lavorano “a-gratis”.
E in Spagna?
No, però anche qui conosco molte persone preoccupate perché non riescono a trovare lavoro. Con la crisi il tasso di disoccupazione è arrivato alle stelle e la ripresa è lentissima.
Cosa pensi del 15M? Quello che gli indignados denunciano non fa pensare che la Spagna sia migliore dell’Italia.
Infatti è un problema globale. È la società globale, siamo noi abitanti del mondo che dobbiamo cambiare, svegliarci e prendere possesso delle nostre vite. Non è possibile che siano le banche, le multinazionali, i media a decidere le regole del gioco, dove per gioco si intende la nostra vita.
Gli indignados, termine che tra l'altro non mi piace affatto, sono dei cittadini, delle persone che si sono stancate di essere prese in giro e che finalmente hanno deciso di far sentire la loro voce. Queste persone dovrebbero esserci ovunque nel mondo, tutti dovrebbero manifestare e far capire a coloro che detengono il potere, economico o politico, che ciò che fanno e le decisioni che prendono non piacciono affatto; il benestare dell’individuo non è mai tenuto in considerazione, non interessa.
La situazione qua a Barcellona è poi degenerata perché la plaza Catalunya, dove si trovava “la acampada”, si è riempita nei giorni di molte persone che non sapevano neanche il motivo della protesta. Molti erano dei senza tetto, moti altri tossicodipendenti che hanno approfittato dell’occasione per alloggiare là. Queste persone sono state le ultime ad abbandonare la piazza, i “veri indignados” non stavano più là da un sacco perché avevano iniziato ad organizzarsi per quartiere. Però come sempre i media sono riusciti a traviare i fatti e a disinformare riducendo il movimento sociale del 15M in un semplice raduno di nullatenenti. Io penso che sia necessario un 15M in ogni dove.
Ti piacerebbe lavorare in Italia?
Perché no, ma devono cambiare molte cose come per esempio chi governa il Paese... tutti, nessuno escluso. E soprattutto devono cambiare gli italiani, ci vuole un cambio di chip!
Per cambiare l'Italia bisognerebbe rimanere lì e rimboccarsi le maniche, non credi?
Si sono d’accordo ed infatti sono molti quelli che rimangono e cercano di farsi strada da soli. Però è anche vero che un’esperienza all’estero può essere utile per capire come poter cambiare le cose nel nostro Belpaese, per rinfrescarsi la mente diciamo e poi tornare più carichi e cercare di integrare nel nostro sistema l’esperienza vissuta e le cose che si sono imparate.
Ritornerai in Italia?
Può essere, mai dire mai. Ma per ora non mi muovo.
Ti manca l’Italia? Cosa o chi di più?
Mi manca tanto, tantissimo e come sempre manca l’adorata mamma, però anche il babbo, la sorella, gli zii, le zie, cugini e cugine, gli amici. Manca l'aria di casa.
Cosa ti piace di più della Spagna?
La gente, il fatto che puoi essere chi vuoi, nessuno ti dice niente.
Di meno?
Il peperone che mettono in qualsiasi tipo di soffritto!
E dell’Italia? Cosa adori e cosa detesti?
Adoro la bellezza dei suoi luoghi, il mangiare, le spiagge della mia isola e la sua gente, la pizza al taglio, la parlata romana. Roma, adoro Roma, i suoi colori poco prima del tramonto, meravigliosa. Il caffè ovviamente. L'elenco potrebbe essere lungo, amo l'Italia.
Ciò che detesto invece è l'oscenità della nostra tv, la superficialità della gente, la forma di lavorare degli impiegati della posta (e mi dispiace se qualcuno di loro legge questo), il sistema putrefatto che governa, i favoritismi, e anche qua la lista è lunga, interminabile forse.
Ti sentí già un po’ spagnola?
Un po’ si lo ammetto però in primo luogo mi sento sarda.
Dove ti vedi tra dieci anni?
Questa domanda mi fa tremare perché durante un colloquio quelli delle Risorse Umane te la fanno sempre! Ad ogni modo l'ho già detto prima: tra dieci anni starò in un piccolo paese, con una casetta con vista sul mare. Dove ancora non lo so.