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Il lavoro uccide e continua anche nel 2012, quando possiamo accendere la televisione con la voce o connetterci con il Giappone usando il telefono, le persone ancora cadono dalle impalcature, vengono schiacciate dai trattori e muoiono sulla strada verso casa, dopo 8 ore in fabbrica, investiti da ragazzini ubriachi. Il 1 Maggio è un'occasione di festa, ma soprattutto di commemorazione e riflessione. No, non è la solita retorica. Stiamo andando in una direzione che è contro natura da troppo tempo ed è ora di smetterla, ma smetterla per davvero. Non si può morire mentre si cerca di guadagnare per vivere.

Morti bianche: i dati Inail

I dati Inail indicano che siamo il Paese dell'Unione Europea con il maggior numero di incidenti mortali sul posto di lavoro, per esempio nel 2011 le vittime sono arrivate a quota 920. Dal 2002 il trend è in costante diminuzione, ma 920 persone morte corrispondono a 2, 5 decessi al giorno, con il triste primato del Nord-Est. E non è tutto.

Se si analizzano in modo più attento le statistiche dell'istituto pubblico, si nota un impressionante incremento delle donne che muoiono lavorando, precisamente il 2011 ha registrato un +15, 4%. All'origine ci sono numerosi tipi di differenze, sia fisiche che soprattutto di trattamento, fra lavoratori e lavoratrici, anche se alcuni organi ufficiali tentano di imputarne la totale responsabilità al fatto che le colleghe siano meno informate sui rischi per la sicurezza sul lavoro.

Un ulteriore incremento si legge nella sezione "malattie professionali", ovvero quelle patologie che si sviluppano a causa della presenza di stimoli nocivi presenti nell'ambiente di lavoro. +60% delle denuncie di malattie professionali nel solo 2012 rispetto al periodo 2006-2011 che unito ai 725.174 infortuni rende bene l'idea del tipo di contesto in cui gli italiani lavorano.

I dati non ufficiali sugli incidenti mortali

Queste le stime ufficiali, ma come sappiamo in Italia il mondo del lavoro ha anche un'altra faccia quella del lavoro "nero"Morti bianche 2013 e dello sfruttamento degli immigrati, per non parlare delle attività mafiose, il cosiddetto lavoro sommerso. A tal proposito l'Osservatorio indipendente di Bologna morti per infortuni sul lavoro è diventato un punto di riferimento per tutti quelli che vogliono avere un quadro preciso e realistico della situazione italiana.


Il blog nato nel Gennaio del 2008 per volontà di un ex operaio, e artista nel tempo libero, emiliano di nome Carlo Soricelli tiene in costante aggiornamento una contabilità di incidenti e decessi che si discosta notevolmente dalle cifre istituzionali, tutte comunque documentate. Sul sito internet si legge che nel 2012 le morti bianche sono state almeno 1180, di cui 625 sul luogo di lavoro e le restanti in itinere, ovvero nel tragitto casa-lavoro e ritorno che i lavoratori sono costretti a fare ogni giorno per guadagnarsi lo stipendio. Anche quest'ultime sono infatti considerate morti bianche dalle normative vigenti, tuttavia ufficialmente non vengono conteggiate per la difficoltà nel distinguerle dalle generali "vittime della strada". Inoltre l'Osservatore considera proprio tutti i lavoratori, indipendentemente dall'età e dalla copertura assicurativa o meno, criteri ignorati dall'Inail.

E nel 2013? Fino ad ora sono 136 i decessi attestati e se si aggiungono quelli in itinere, si arriva alla stima minima di 280 (e siamo solo a fine Aprile). La maggior parte di questi sono professionisti dell'edilizia e dell'agricoltura, da sempre i settori più colpiti da questa piaga sociale e politica.

Suicidi: le nuove morti bianche

L'andamento decrescente delle morti bianche negli ultimi anni è soprattutto da collegare al crollo dell'occupazione, si lavora di meno quindi si muore di meno. Una correlazione che fa gelare il sangue da quanto è vera e che sembra sottolineare l'ineluttabilità di questo destino assolutamente ingiusto per chi vuole guadagnarsi da viviereSuicidi in modo onesto. Putroppo non finisce qui. Se la crisi costringe le persone a lavorare meno, spinge anche i disoccupati e gli imprenditori a compiere il gesto estremo: dal 2011 si registra un'impennata dei suicidi.

I suicidi dettati dalla morsa della crisi sono sempre di più. Il mese scorso, per fare un esempio, si è registrato un caso ogni due giorni e fino ad oggi le persone che si sono tolte la vita per motivi economici sono 32, il 40% in più rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Le due categorie opposte della scala sociale, vale a dire i disoccupati e gli imprenditori, sono accumunati dalla stessa disperazione che conduce allo stesso gesto. Non bastano le parole di cordoglio della classe politica o delle istituzioni locali, qui si parla di famiglie distrutte dal dolore per una perdita per di più volontaria. Cosa sta dietro i motivi economici per i quali si decide che la morte è l'unica via d'uscita? Ansia, frustrazione e oppressione sono solo alcune delle ragioni, ma impressionante è la disperazione dell persone costrette a fare la fila alla mensa dei poveri dopo aver lavorato una vita intera. È quindi la vergogna e la paura di essere un peso per i propri cari che spinge alla strenua difesa della propria diginità fino alla fine. Una dignità e un'onestà esercitate per tutta la vita. Cosa siamo noi, se non i principi in cui crediamo? Ma che sia una crisi generata da coloro che ancora adesso vivono nel lusso più sfrenato, aiutati da una classe politica incapace di fare il suo mestiere cioè quello di rappresentare ed aiutare i propri cittadini, ecco questo è totalmente inaccettabile.

Il lavoro è un diritto, il diritto ad impegnarsi onestamente per condurre una vita dignitosa, ed è aberrante che oggi sia diventata una condanna a morte.

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