Lei si sta occupando dell’America Latina e del Mediterraneo. È informato sulla quantità di italiani che ogni anno sta lasciando l’Italia per emigrare di nuovo verso l’America Latina o altre aree del Mediterraneo?
Bé non faccio lo statistico di mestiere e quindi non conosco le statistiche che riguardano l’esodo eventuale di italiani verso altre aree.
Nei decenni scorsi c’è stato un grandissimo esodo soprattutto verso l’America Latina. Spesso vado in Argentina e ho sentito che la definizione migliore di un argentino è: “l’argentino è un italiano che parla spagnolo”, perché la stragrande maggioranza degli argentini sono discendenti di italiani, ma comunque la comunità italiana ha avuto una grandissima influenza in tutta l’America Latina.
Io penso che noi siamo interessati ad avere ottimi rapporti sia con l’Argentina che con tutta l’America Latina così come, sono convinto e tenacemente impegnato, a fare in modo che ci sia una più forte cooperazione Europa-America Latina.
Torniamo al tema dei cittadini italiani che lasciano il Paese, non soltanto diretti nell’America Latina. All'Aire (Anagrafe Italiani Residenti all'Estero) quest’anno sono iscritti quattro milioni di italiani. Volevo una Sua opinione sul perché di questa fuga dall’Italia.
C’è la fuga perché in Italia c’è una situazione di disoccupazione terribile. C’è una disoccupazione che riguarda la fascia medio-bassa e c’è una disoccupazione intellettuale tremenda che riguarda anche ricercatori, professori, insegnanti. E quando un ricercatore, per fare un esempio, va a New York o a Washington o in altre parti del mondo, e viene apprezzato, stimato e inglobato nei circuiti di ricerca, poi non torna, perché le strutture che si trovano in altre parti del mondo sono talmente superiori a quelle italiane, che un ricercatore che si è trasferito in un grande centro di ricerca degli Stati Uniti difficilmente poi può tornare in Italia.
È soltanto una questione di strutture?
È una questione di strutture ed è anche una questione di stipendi, perché lo stipendio che oggi viene erogato, ad un ricercatore ad esempio, è veramente da fame.
Così torniamo al discorso di prima: qui se non c’è un cambio di priorità nell’agenda economica del Governo e si dà priorità alla formazione, alla valorizzazione delle risorse umane, anche in termini di stipendi adeguati per chi lavora nelle Università, nella Ricerca, nei circuiti sceintifici, se non c’è questo coraggio di dire: “Premiamo le eccellenze”, se non c’è questo, è chiaro che si fugge.
Cosa pensa della legge ribattezzata “Controesodo”?
Una buona legge, però fa i conti con queste difficoltà. Parliamo della legge Letta-Lupi, un buon tentativo che in qualche modo vuole incentivare il rientro.
Non pensa che non si possa limitare il rientro solo ad una questione economica? Pensa che si possano far rientrare i cervelli in Italia soltanto aiutandoli con degli incentivi fiscali?
Assolutamente è soltanto un tentativo che si fa. Non è che con quella legge si può risolvere il problema generale. Il problema generale si risolve se cambia la politica economica.
Ma non è colpa di Letta se non c’è una politica economica adeguata. Letta e gli altri firmatari della legge intervengono a toccare un tasto, ben consapevoli che non è soltanto toccando quel tasto che si risolve il problema. Il problema, lo ripeto, si risolve se il Governo e il Parlamento decidono che le priorità dell’agenda non sono mantenere situazioni di assistenza in giro, di assistenza intesa in termini clientelare, di spesa pubblica per certi enti inutili.
Non si ha il coraggio di dire chiudiamo delle situazioni che sono parassitarie. Anche riduciamo i costi della politica, in maniera razionale non demagogica.
Ci sono costi della politica che possono essere ridotti! Le risorse che recuperiamo spendiamoli innanzitutto nel campo della ricerca, dell’istruzione e della formazione.
È d’accordo sul fatto che a livello nazionale si sia investito poco sulla formazione, quasi come se la cultura e l’istruzione non fossero nell’agenda politica?
Sono d’accordo! E considero una delle colpe più gravi dell’attuale Governo quella di aver sacrificato Università, Scuola, Istruzione, Ricerca, Cultura. È un tagliarsi gli attributi, perché se non si investe sul capitale umano, sui nostri giovani, si recide il legame con il futuro.