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Il 18 Luglio del 2012 è entrata in vigore la Riforma del Lavoro, studiata e voluta dall'ex Ministro Elsa Fornero. Le nuove linee guida per l'amministrazione del mercato del lavoro e dell'occupazione sono contentute nella più generale manovra finanziaria del governo, ora dimissionario, guidato da Mario Monti. D'altronde non si può cambiare l'economia senza intervenire sulla voce "lavoro".

riforma forneroLa nuova legge ha come obiettivo una redistribuzione delle tutele dell'impiego intervenendo su un duplice fronte: da un lato argina l'uso improprio degli strumenti di flessibilità relativi ad alcuni tipi di contatto, ovvero gli stage, dall'altro disciplina la gestione dei licenziamenti collettivi ed individuali. Proprio qui si chiama in causa l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che tutela i lavoratori dagli esiti dei licenziamenti nelle aziende medio-grandi.

Ammirevoli intenzioni espresse con belle parole, peccato che nella relatà l'Italia versi in pessime condizioni sia per quanto riguarda l'occupazione, sono 2,9 milioni gli italiani senza lavoro e fra questi il 39% dei giovani, che per l'economia reale.

Risultati a parte, si è intervenuti a modificare una norma fondamentale tanto per i sindacati quanto per i lavoratori, ovvero l'articolo 18 che, infatti, è recentemente stato al centro di accesi dibattiti fra organizzazioni sindacali e imprenditoriali. Vediamo quali cambiamenti sono stati introdotti dalla riforma e le relative implicazioni concrete nella vita lavorativa dei dipendenti.

I principali cambiamenti all'articolo 18

  • La principale modifica introdotta nel 2012 riguarda l'obbligo per il datore di lavoro del reintegro del lavoratore dipendente qualora il giudice ritenga che i presupposti per il licenziamento individuale non siano validi, determinando così la nullità dello scioglimento del contratto di lavoro. Dal 18 Luglio scorso il reintegro non è più obbligatorio e viene sostituito dal pagamento di un'indennità che corrisponde all'ammontare di 15 o 24 mensilità, a seconda della gravità dell'illegittimità del licenziamento.
  • In secondo luogo, nella maggior parte dei casi il contratto di lavoro viene ritenuto terminato, mentre prima della riforma era considerato comunque in vigore dalla data del licenziamento alla verifica della nullità dello stesso. Questa era un'ulteriore forma di tutela nei confronti del lavoratore poicé in sede di giudizio il datore era ancora legato agli obblighi stabiliti dal contratto di lavoro con importanti conseguenze in materia di retribuzione e contributi previdenziali.


Insomma la sicurezza del posto di lavoro è rimpiazzata dalla fugacità di una somma di denaro e preme ricordare che stiamo parlando di casi in cui l'intimazione a lasciare la propria professione è stata verificata e giudicata "illegittima".

Analizziamo nel dettaglio come vengono oggi gestiti gli esiti dei licenziamenti illegittimi e i diritti che spettano al lavoratore.

  1. Licenziamento per motivi disciplinariè quello che scatta quando sussiste una giusta causa o un giustificato motivo soggettivo poiché il lavoratore è accusato di una violazione degli obblighi contrattuali contenuti nel codice disciplinare. L'accertamento dell'inesistenza del giustificato motivo comporta la fine del contratto di lavoro e obbliga il datore a versare l'indennità dovuta. Il reintegro è disposto dal giudice solo nel caso in cui venga accertato che il fatto imputato al lavoratore non sia mai stato commesso.
  2. Licenziamento per motivi economicisi tratta dell'allontamento del dipendente, può interessare un massimo di 4 persone, per cause che non dipendono direttamente da lui, bensì per difficoltà economiche dell'impresa o dell'ente che richiedono un ridimensionamento dell'organico. Infatti il presupposto alla base di tale tipo di licenziamento è un giustificato motivo oggettivo. In questo caso il datore è tenuto esclusivamente a versare al dipendente l'indennità stabilita dal giudice, comunque compresa fra le 15 e 24 mensilità, e l'obbligo di reintegro scatta solo quando l'insussistenza del motivo del licenziamento è manifesta.
  3. Licenziamento per motivi discriminatoriè l'unica tipologia di licenziamento in cui la tutela verso il provvedimento di allontamento rimane "piena e assoluta". Gli esiti sono gestiti come indicava l'articolo 18 prima della modifica, vale a dire con l'obbligo del reintegro del lavoratore, qualsiasi sia il numero dei dipendenti dell'azienda, insieme al risarcimento dei danni retributivi fino ad un massimo di 5 mensilità e il pieno versamento dei contributi sia assicurativi che previdenziali.

 

 

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